Carrie Fisher è morta martedì mattina in un ospedale di Los Angeles: aveva 60 anni e pochi giorni fa aveva avuto un attacco cardiaco sul volo aereo che la portava a Los Angeles da Londra. Faceva l’attrice da sempre – sua madre era l’attrice Debbie Reynolds, suo padre il cantante Eddie Fisher – e il ruolo per cui era diventata famosissima in tutto il mondo era quello della principessa Leyla nella serie di “Star Wars”:
lo aveva interpretato nel primo film Guerre Stellari nel 1977 e nei due successivi, per tornare nell’episodio dell’anno scorso. Ma era di gran culto anche la sua piccola parte conclusiva nei Blues Brothers.
Ma nella sua vita aveva scritto, sceneggiato, recitato. Era nata a Beverly Hills, in California. Il padre Eddie Fisher era un famoso cantante e la madre Debbie Reynolds una famosissima attrice. Quando aveva due anni, i genitori divorziarono e il padre sposò Elizabeth Taylor. Crebbe con l’idea di diventare famosa come i suoi genitori, fece la Principessa Leia in Guerre Stellari del 1977 e di nuovo nei due successivi episodi della saga: L’impero colpisce ancora (1980) e Il ritorno dello Jedi (1983).
In quel periodo però iniziò a usare droghe pesanti che la fecero stare molto male. Poi fece quella piccola ma leggendaria parte nei Blues Brothers: l’ex fidanzata di Belushi di quella scena in cui lui fa un breve monologo entrato nell’uso quotidiano di mezzo mondo (“le cavallette…”), ma anche il suo di “abbandonata all’altare” e lanciafiamme non è da meno; le sue prestazioni di attrice risentivano della sua dipendenza e rischiò quasi il licenziamento.
Però si fidanzò con Dan Aykroyd, brevemente: poi tornò con Paul Simon – con cui aveva avuto una relazione per anni – lo sposò, ma divorziarono subito, e poi si rimisero insieme e si lasciarono di nuovo.
A 24 anni le era stato diagnosticato un disturbo bipolare, ma per parecchi anni non accettò la diagnosi né volle curarsi. Il suo primo romanzo, Cartoline dall’inferno, sui suoi guai, uscì nel 1987. Ne venne tratto un film con Meryl Streep, di cui Fisher curò la sceneggiatura. Lavorò anche alla sceneggiatura di Hook – Capitano Uncino di Spielberg: ma è un lavoro che farà su tanti film, soprattutto d’azione, e anche sui successivi Star Wars. Come attrice, nel 1986 fece Hannah e le sue sorelle di Woody Allen e nel 1989 Harry ti presento Sally (lei della coppia di amici dei protagonisti) e nel primo film della serie Austin Powers. Pubblicò un secondo romanzo nel 1990, Surrender the Pink, tradotto in italiano con il titolo Non c’è come non darla. Nel 2009 scrisse e mise in scena lo spettacolo teatrale autobiografico Whishful Drinking, in cui, in modo comico, raccontò della sua famiglia, del suo disturbo bipolare e del rapporto travagliato con il personaggio della principessa Leylaa che l’aveva resa famosa (di recente aveva fatto notizia il suo racconto di una relazione con Harrison Ford, allora).
E che aveva interpretato di nuovo nel 2015 nell’episodio di Star Wars diretto da J.J. Abrams, Il risveglio della forza, da gran signora, da principessa.
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