Il CdA Rai ha bocciato il piano news proposto dal Direttore Generale Campo Dall’Orto. Fiducia incrinata e probabile azzeramento dei vertici.
Raccontano osservatori dei residui branchi di elefanti che in occasione di imminenti catastrofi ambientali, i pachidermi generalmente si suicidano, con una ritualità precisa che vede gli anziani, sollecitati dalle femmine, assicurarsi che i più giovani seguano il destino deciso, per poi seguirli nell’atto estremo. Non sempre le elefantesse arrivano a darsi la morte.
Con un atavico ritorno alla natura il consiglio di amministrazione della Rai sembra aver messo in scena una macabra rappresentazione del suicidio degli elefanti.
I più anziani, che non mancano in consiglio, sollecitati dalla presidentessa, hanno spinto i più giovani sul ciglio del burrone, spingendo prima di tutti giù il direttore generale Campo dall’Orto. Una scena davvero indecorosa oltre che paradossale. Dopo mesi di retorica sulle nuove linee di comando che avrebbero assicurato al vertice di Viale Mazzini poteri e procedure per guidare il rinnovamento senza dover pagare i tradizionali pedaggi ai casellanti del CdA, ora si assiste allo spettacolo che il più accreditato, internazionalmente, manager del sistema televisivo italiano, viene umiliato e paralizzato da un’allegra combriccola di pensionati e mestieranti inviati in consiglio da singole lobbies politiche per curare i loro affari. Con una presidentessa che non fa mistero di voler sostituire il suo direttore generale con se stessa.
Ora la Rai si trova ad avere il poco invidiabile primato di essere l’unica azienda televisiva europea senza una bussola nel pieno della transizione al digitale, mentre avanzano le offerte multimediali dei competitor privati e mentre anche i possibili partner, come Telecom ed Enel, si stanno mettendo in proprio.
In tutto questo appare singolare il silenzio sostanziale dei giornalisti, visto che il pomo della discordia è proprio il piano di riorganizzazione delle news. L’Usigrai, il mitico sindacato dei giornalisti RAI, dopo aver seguito distrattamente, non senza qualche compiacimento, le prime baruffe in consiglio, che costarono il posto al responsabile del progetto di riorganizzazione dell’informazione Carlo Verdelli, oggi grida al Tutti a casa. Ma tutti chi?
Qui il rischio è che dopo decenni di riforma vagheggiata dell’azienda, e mai realizzata per il continuo bradisismo di veti e sommosse interne, neanche ci si accanisca più sulla Rai, ma, come per l’Alitalia, si arrivi alla conclusione che il carrozzone sia irriformabile.
Il nodo vero riguarda proprio un presidio nazionale, una TV nazione, nel momento in cui la transizione al digitale rende strategici linguaggi ed infrastrutture e soprattutto fondamentale per un paese il controllo di quelle forme di intelligenza artificiale che guidano la viralità dell’informazione. Cosa accadrà se la RAI si afflosciasse? L’Italia potrebbe essere il primo grande paese europeo a non avere più un soggetto proprio, autonomo e sovrano, nel processo di organizzazione dei linguaggi con cui parlare al mondo.
Ma la questione presenta anche un versante politico: il nuovo vertice Rai è stato voluto dall’allora premier e segretario del PD Renzi, voluto ed usato per liberarsi di qualche imbarazzo (Ballarò e TG3). Ora può una leadership politica che si caratterizza per l’innovazione e la discontinuità tornare a centellinare le vecchie lottizzazioni in una Rai che affonda?
Ci si gioca molto della propria reputazione, così come il Paese si sta giocando molto della sua possibilità di mantenersi competitivo nella nuova economia della comunicazione. Mentre gli elefanti barriscono sul ciglio del burrone.
Fonte: News and Coffee
Aperiodico gratuito di socializzazione |
| Contact Us
| Invita i tuoi amici
| RSS:
Blog
| Video
| News
| Links
|
Commenti