Dopo l'allarme sul rischio crollo del gettito derivante dalla lotta all'evasione, il concorso che non c'è. Venti di guerra soffiano fra il ministero dell'Economia e l'Agenzia delle Entrate, alle prese con la decadenza di quasi 800 dirigenti per effetto di una sentenza della Consulta che li ha dichiarati illegittimi. Mentre ormai è dato per assodato che fra il premier Matteo Renzi e la direttrice dell'ente fiscale, Rossella Orlandi, non corra più buon sangue, un piccolo (ma nemmeno troppo) episodio mostra quanto ormai sia gelido lo stato dei rapporti col governo.
Questa la vicenda. A febbraio la Corte costituzionale dichiara decaduti 767 dirigenti delle Entrate, nominati a tempo determinato senza ricorrere a un concorso, come prevede la legge. Una procedura illegittima per la Consulta. E qui arriva il problema: come assicurare il funzionamento della struttura senza che la macchina dei controlli fiscali si inceppi? Per un bel po' di mesi a via Cristoforo Colombo la speranza è di una sanatoria che risolva il problema e in Parlamento, dalla sinistra Pd vicina all'ex ministro Vincenzo Visco, vengono presentati diversi emendamenti per risolvere la questione. Malgrado le pressioni politiche, però, al ministero nessuno ha intenzione di percorrere la via del "condono".
Che sia una coincidenza o meno, nelle stesse settimane si diffonde la voce che la sentenza potrebbe rendere vane migliaia di procedure di accertamento fiscale. Con conseguenza drammatiche per le casse dello Stato: alcuni miliardi in meno dalla lotta all'evasione. Qualche rischio in effetti c'è ma com'è comprensibile al governo - dove gli occhi sono puntati sulla voluntary disclosure per far rientrare i capitali dall'estero - non la prendono bene. Quale sia il clima lo rivelano le parole del sottosegretario all'Economia, il montiano Enrico Zanetti, che già da deputato aveva presentato varie interrogazioni sui dirigenti nominati senza concorso: gli allarmi sul mancato gettito sono solo "larvati ricatti".
Adesso arriva l'ultimo capitolo del braccio di ferro. In estate una norma transitoria ad hoc, inserita nel decreto Enti locali, prevede la possibilità per l'Agenzia delle Entrate di attribuire 400 posizioni organizzative transitorie in attesa del concorso. Tradotto: per continuare il lavoro, evitare l'impasse e coprire i buchi di organico, i direttori degli uffici possono delegare alcuni funzionari, promuovendoli di fatto a dirigenti pro tempore. La norma, che lascia ampio margine a livello periferico, non piace però a Roma, che vorrebbe gestire direttamente il processo.
Così l'ente guidato dalla Orlandi invia una lettera al ministero: la disposizione sulla delega delle funzioni non è chiara, si potrebbe chiedere un parere al Consiglio di Stato? Un affronto, per il ministero, anche perché la norma è stata scritta insieme. La risposta che arriva da via XX Settembre è di una irritazione tale da essere irrituale nella sua schiettezza.
Scrive l'ufficio legislativo: "Pur dando atto della delicatezza della materia, non possono tacersi le perplessità che la richiesta suscita, dal momento che la norma in questione è stata predisposta da questi uffici in piena e costante collaborazione con codesta Agenzia". E visto che le questioni poste non hanno "profili giuridici di particolare complessità", non solo non serve ricorrere al Consiglio di Stato, ma occorre procedere "in via prioritaria con l'espletamento delle procedure concorsuali, che dovranno essere svolte con la massima urgenza" entro il 2016.
Una perentorietà tale da non essere stata accolta affatto benevolmente alle Entrate, a quanto risulta all'Espresso. Anche perché la vicenda si inserisce in una contesa di ben altra portata: il controllo di Equitalia, il colosso incaricato della riscossione fiscale partecipata al 51 per cento dall'Agenzia, dove il premier a giugno ha piazzato come amministratore delegato un "Raccomandato - mi manda Renzie" per eccellenza : il tributarista Ernesto Maria Ruffini, suo amico e sostenitore dai tempi della prima Leopolda, quando il Bimbaccio fiorentino professava ancora il verbo della rottamazione.
Renzi non fa mistero di voler riportare la società pubblica sotto il controllo del ministero dell'Economia, sottraendola alle Entrate. Una separazione fra accertatore ed esattore da praticare, almeno teoricamente, in nome di un maggior garantismo nei confronti del contribuente. Solo che a via Cristoforo Colombo, dove non sono affatto della stessa opinione, non c'è alcuna intenzione di perdere la competenza su un gioiellino da un miliardo di fatturato l'anno. E le resistenze, com'è ovvio, si fanno sentire.
Aperiodico gratuito di socializzazione |
| Contact Us
| Invita i tuoi amici
| RSS:
Blog
| Video
| News
| Links
|
Commenti