L’attentato al Charlie Hebdo ha scatenato istantaneamente, come ovvio nel Web 2.0, la consueta ridda di polemiche, e, su Facebook particolarmente, l’usuale esplosione di commenti di utenti che si scoprono tutto d’un tratto criminologi provetti, geopolitici di vaglia e esperti di balistica terminale di fama internazionale, aizzati da verosimili o presunti punti oscuri nella tragica vicenda.
In particolare, nell’“analisi” del video dell’uccisione del poliziotto francese d’origine algerinaAhmed Merabet, la combinazione fra anni di film di Tarantino con sangue a pioggia e perizie balistiche fatte su filmati con il cellulare da venti metri da chi fino a ieri pensava che il 5,45 e il 7,62 fossero le ultime versioni di Adobe Acrobat e Android rispettivamente si è dimostrata particolarmente letale, colpendo anche commentatori della stampa specializzata solitamente più cauti.
Il video viene appunto smontato in diversi elementi “controversi”, poi ferocemente dibattuti a colpi di post e like; essi sono:
la presunta non professionalità del team di terroristi
l’assenza di sangue versato dalle ferite del poliziotto, particolarmente quella fatale alla testa
la mancanza di rinculo dell’arma
le “armi da guerra”, segno dell’intervento di “servizi segreti deviati”
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