Una fobia diffussissima è l'ipocondria, la paura delle malattie. Essenzialmente: ipocondria e reazione di conversione.
La reazione di conversione è un disturbo che era considerata sintomo della nevrosi isterica. L'ansia si manifesta direttamente nei muscoli, in particolare in quelli degli organi motori. L'esempio tipico è la paralisi isterica, le gambe e le braccia che non si muovono più.
C'è anche il trisma isterico, e cioè le mascelle serrate e la bocca che non può aprirsi. Il quadro dell'isteria non si limita però alla reazione di conversione. L'isterico manifesta anche comportamenti regressivi, di tipo infantile. Un'altra caratteristica è la cosidetta dimostratività: gli isterici sono famosi per i loro tentativi di suicidio, tanto clamorosi quanto fallimentari, messi in atto solo per richiamare l'attenzione e finalizzati non alla distruzione del proprio io, ma a quella degli altri.
Vi è poi la cosidetta -belle indifference-, una sorta di stato estatico, di distacco affettivo, fino all'incapacità di provare dolore: è l'effetto anestetico dell'isteria.
L'isteria, quindi, non è un disturbo organico, ma una nevrosi, legata ad un conflitto inconscio, e può essere curata con la psicoterapia.
L'ipocondria, invece come sopra detto, è la percezione di un disturbo ad un organo che è perfettamente sano e funzionante. Si tratta quindi di una percezione fallace, ma non per questo meno vera; il dolore nel petto di un ipocondriaco non è meno insopportabile di una angina. Ma sapere che non si tratta di una vera malattia non basta ad eliminarla.
Una diagnosi benigna può tranquillizzare chi è semplicemente apprensivo. Nel vero ipocondriaco, invece, la rassicurazione da parte del medico non elimina la paura di essere ammalato, e spesso produce lo spostamento dei sintomi su di un'altro organo: se non è il fegato ad essere malato allora sarà la milza.
L'ipocondriaco soffre veramente. Chi va dal medico piegato in due dalla sofferenza e si sente dire che non ha nulla, ha tutte le ragioni di arrabiarsi, perchè stà veramente male. Il concetto che ad ogni malattia corrisponde sempre un problema di organo, non è del tutto vero. L'ipocondriaco, piegato dal dolore, lascia lo studio medico del dottore che gli ha assicurato che è sano per mettersi alla ricerca di qualcuno che creda al suo malessere.
Gli ipocondriaci sono i classici vagantes della medicina, condannati ad errare senza pace da uno specialista all'altro, da un laboratorio di analisi all'altro, cercando qualcuno che possa dare un sostegno oggettivo alla loro percezione soggettiva.
Girovagando da uno specialista ad un altro, l'ipocondriaco, finisce per arricchirsi di nuove malattie e ad imbottirsi di farmaci senza risolvere nulla.
Il dolore è il risultato di un processo nervoso che, in varie tappe, dalle periferie arriva fino al cervello, ed è sempre amplificato dalla paura e dall'ansia, che abbassano la soglia della sua percezione.
Se sulla poltrona del dentista siamo agitati, certamente sentiremo più male: è un'esperienza che conosciamo tutti. Lo stesso meccanismo, condotto fino alle estreme conseguenze, fa percepire dolore anche quando non c'è. Il collegamento tra psiche ed organi interni non si avvale solo delle vie nervose ma avviene anche per via ormonale.
L'ansia può infatti produrre o inibire la liberazione di ormoni dall'ipofisi o da altre ghiandole, che veicolano messaggi ai vari organi: se, per esempio, si blocca la produzione del testosterone, avremo una mancata erezione; se si libera renina, ci sarà un impellente bisogno di fare pipi.
Succede lo stesso nella reazione di conversione. In questo caso gli organi colpiti non sono quelli governati dal sistema simptico-parasimpatico, ma i muscoli volontari.
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