Qualche tempo fa, era diventato virale online un articolo che s’intitolava Era meglio lavorare nel Medioevo… e sosteneva, in buona sostanza, che i servi della gleba medievali godessero di contratti più favorevoli rispetto a quelli che vengono proposti ai nostri giorni.
No, scherzi a parte: l’articolo che ho linkato altro non era che la traduzione italiana di questo contributo, estratto da un saggio (neanche troppo recente) di Juliet Shore, intitolato The Overworked American – The Unexpected Decline of Leisure. Nel suo studio, la professoressa Shore – docente di sociologia al Boston College – evidenziava come l’Americano medio di inizio anni ’90 lavorasse molto di più rispetto al suo antenato dei secoli passati.
L’affermazione, comprensibilmente, aveva destato scalpore, anche perché noi siamo abituati a pensare a un passato grigio e cupo fatto di poveri lavoratori sfruttati fino a sangue, che riescono ad affrancarsi da questa ingiusta tirannia solo grazie alle lotte sindacali di fine ‘800. Possibile – si sono domandati in tanti, quando l’articolo in Italiano ha cominciato a girare online – che un contadino medievale avesse più tempo libero rispetto a quanto ne ha oggi un impiegato?
Qualcuno – se non ricordo male, don Fabio – mi aveva addirittura interpellato in merito.
E, ehm, la risposta è sì: incredibile ma vero, i contadini medievali avevano molto più tempo libero di noi.
Tant’è.
Se state facendo tanto d’occhi, non stupitevi: semplicemente, siete vittime di quel fenomeno noto in storiografia come “deformazione prospettica”. Noi sappiamo (perché l’abbiamo studiato a scuola, l’abbiamo letto sui libri di Dickens, ce l’hanno magari raccontato i nostri nonni) che, in passato, le condizioni lavorative erano mediamente molto pesanti: lunghi orari di servizio, levate antelucane, uscita dalle fabbriche quando ormai è già sera tardi.
Tutto verissimo, sia chiaro: però, quello che accadeva un secolo fa non accadeva necessariamente anche duecento, trecento o mille anni prima.
Nello specifico, il Medio Evo non conosceva affatto i ritmi di lavoro forsennati che l’Occidente ha vissuto con la rivoluzione industriale. Il che non vuole dire che i lavoratori medievali stessero meglio… però, sicuramente, lavoravano molto meno.
In primo luogo: non si lavorava mai dopo il calar del sole. Questo, per ragioni di prudenza (le notti medievali erano una roba molto pericolosa), ma anche per banali ragioni di ordine pratico: non c’era nessun lampione a illuminare i campi da coltivare; e, per quanto riguardava i lavori che si svolgevano al chiuso, le candele costavano un sacco. E/o, comunque, esponevano il locale a pericolosissimi rischi d’incendio. Molto più economico mandar tutti a casa al calar del sole, e arrivederci a domattina.
Certo: questo voleva dire che, nei mesi estivi, si poteva lavorare anche più delle nostre classiche otto ore – per contro, però, d’inverno si “staccava” molto prima, suppergiù verso le quattro.
Inoltre: la grande differenza tra i nostri ritmi lavorativi e quelli del Medio Evo riguardava non tanto le ore di lavoro svolte ogni giorno, quanto più i giorni di lavoro presenti sul calendario.
Punto primo: tutte le domeniche erano tassativamente e rigorosamente festive, cascasse il mondo.
Punto secondo: rigorosamente festive erano pure tutte le feste religiose.
Punto terzo: le feste religiose non erano solo quelle quattro o cinque festività che ancor oggi sono presenti sul nostro calendario. Nel Medio Evo, ci si asteneva dal lavoro anche in occasione di ricorrenze che invece oggigiorno non sono niente affatto festive: Mercoledì delle Ceneri, Rogazioni, Strage degli Innocenti, Corpus Domini, Esaltazione della Croce, San Nicola… E inoltre, ogni categoria professionale riposava in occasione della festa del suo santo patrono (come a dire che un dentista dovrebbe chiudere lo studio in occasione della festa di Sant’Apollonia, e una collaboratrice domestica dovrebbe fare festa nel giorno di Santa Zita).
Come se non bastasse, il lavoratore medievale padroneggiava con dimestichezza il concetto di “orario part time”: alla vigilia delle feste religiose più importanti (domenica inclusa), il lavoro si interrompeva tassativamente al suono dei Vespri, indipendentemente dalla posizione del sole all’orizzonte.
Tenendo conto di tutto questo, gli storici calcolano circa un’ottantina di giorni feriali (cinquantadue domeniche + altre feste religiose) in cui i lavoratori medievali non si schiodavano proprio da casa, a cui bisogna sommare almeno una settantina di altri giorni, in cui si lavorava part time fino all’ora dei Vespri.
Ma la situazione, evidentemente, poteva variare da zona a zona (e da secolo a secolo): ad esempio, dopo l’esperienza traumatica della Morte Nera, l’Europa comincia a sentire l’esigenza di avere “più santi in Paradiso”, cosicché aumentano in modo abbastanza consistente i giorni feriali in onore di questo o quel santo patrono. Con l’inizio dell’età moderna, il potere centrale cerca di rafforzarsi imponendo al popolo alcune festività di natura decisamente “laica”, tipo il compleanno del re o lo sposalizio dell’erede al trono. Di festa in festa, è facile arrivare a certe cifre esorbitanti come, ad esempio, quelle riportate dal Registrum Novum dei vescovi di Lincoln, secondo cui, nel Medio Evo, nel territorio della diocesi inglese esistevano suppergiù 133 giorni di festa da osservarsi (più svariate vigilie in cui si lavorava solo metà giornata).
Dati a cui vanno ad aggiungersi eventuali periodi di immobilità “forzata” per tutte quelle categorie professionali il cui lavoro seguiva ritmi stagionali molto precisi. Gli agricoltori, evidentemente, trascorrono i lunghi mesi invernali senza poter fare un granché, ma non sono l’unico caso: fino agli inizi del XIV secolo le navi mercantili restano all’àncora dall’inizio dell’Avvento fino a metà marzo – e anche più a lungo, nei mari del Nord.
Certo: 133 giorni di ferie, più svariati giorni di lavoro part time, più tre mesi di inattività forzata, sono un po’ tantini per chiunque… e infatti, da un certo periodo in poi, i legislatori cominciano a ricevere pressioni al fine di allungare le giornate lavorative e/o diminuire i giorni di festa.
E sapete da chi arrivano queste pressioni?
No, non da parte degli impresari attaccati al soldo: in prima istanza arrivano dai lavoratori, che chiedono disperatamente di poter lavorare di più, per poter godere di uno stipendio più alto.
…perché, sì: questo era ovviamente il rovescio della medaglia. Sarà pur vero che nel Medio Evo si lavorava molto meno di oggi, ma è indubbiamente altrettanto vero che, nel Medio Evo, chiunque avesse provato a rivendicare il concetto di “ferie pagate” sarebbe stato inevitabilmente preso per idiota.
Si lavorava poco, certamente, ma si veniva pagati solo in base al lavoro effettivamente svolto: siamo liberi di incantarci di fronte alla quieta vita dei medievali che avevano quattro mesi di ferie all’anno… però, quei quattro mesi potevano anche essere terribilmente duri, per chi non era riuscito a mettere da parte sufficienti risparmi per sopravvivere.
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