Ho debiti con Equitalia per cartelle esattoriali non pagate: a chi devo rivolgervi per proporre un accordo a saldo e stralcio, con decurtazione del debito, a fronte di un immediato pagamento di una parte della somma che tenga conto delle mie effettive possibilità economiche?
Non è possibile, se non entro determinate forme e limiti che qui di seguito vedremo, presentare istanze di saldo e stralcio ad Equitalia, cioè accordi che, dietro pagamento di una parte del debito, consentano la cancellazione della residua parte non corrisposta. L’istituto della “transazione”, infatti (ossia la definizione di una controversia, non necessariamente sfociata in una causa, tra due soggetti, nella specie creditore e debitore) è previsto solo nelle liti tra privati e non in quelle con lo Stato. Stato che, infatti, è tenuto a rispettare il principio di imparzialità nei confronti di tutti i cittadini: pari trattamento e pari condizioni che, certo, verrebbero meno se con alcuni di questi accedesse a degli accordi, benché giustificati da ristrettezze economiche.
Tuttavia, esistono dei sistemi per trovare delle definizioni alla propria vicenda debitoria.
Innanzitutto, nel caso in cui la pretesa avanzata da Equitalia non sia dovuta, è sempre consentito evidenziare l’illegittimità dell’operato dell’Agente della riscossione. Non si tratta, semplicemente, di “andare a parlare” con il funzionario di turno, poiché l’esposizione delle proprie ragioni deve avvenire con forme tipiche. Come, ad esempio, l’istanza in autotutela, ossia una richiesta in forma scritta, inoltrata anche attraverso posta elettronica certificata alla sede territorialmente competente di Equitalia, con cui si chiede lo sgravio della cartella, evidenziandone le ragioni. Non ci sono formule particolari, né l’istanza è soggetta a bolli o a condizioni. Addirittura, la giurisprudenza è ormai arrivata a ritenere possibile la presentazione dell’autotutela anche se i termini per fare ricorso sono scaduti, essendo obbligo della pubblica amministrazione (e, in senso lato, anche di Equitalia) procedere all’annullamento di un proprio atto illegittimo anche qualora le possibilità di ricorso, da parte del contribuente, siano venute meno per decadenza dei termini. L’attività dello Stato, infatti, si deve uniformare al principio di correttezza e imparzialità e non, invece, a speculare anche sull’inerzia del privato.
Qualora, tuttavia, la richiesta di pagamento da parte di Equitalia sia corretta e legittima, il contribuente ha differenti possibilità per “trovare un accordo”. Ferma restando la possibilità di rateazione del debito (a 72 o 120 rate mensili da non meno di 100 euro l’una), l’ulteriore possibilità è quella di proporre un “accordo ai creditori” previsto dalla cosiddetta legge “Salva suicidi” [1]. La particolarità di tale procedura è che, anziché rivolgersi direttamente al creditore, si presenta un’istanza in tribunale che nomina un organismo di composizione della crisi (potrebbe trattarsi anche di un professionista come un avvocato o un commercialista). Attraverso tale soggetto, viene presentata al giudice una proposta di “saldo e stralcio” che deve essere votata dai creditori. Nella proposta si deve illustrare l’offerta ai creditori e le modalità di pagamento, offrendo idonee garanzie all’esatto adempimento. Se c’è il voto favorevole del 60% dei creditori (o, se uno solo, dell’unico creditore), il giudice autorizza il piano e il debitore ottiene una serie di benefici:
– si interrompono tutti i pignoramenti in corso;
– all’avvenuto pagamento di quanto concordato con i creditori, gli viene cancellato tutto il residuo debito.
Questa procedura è ammessa anche quando il creditore è uno solo (nella specie, Equitalia).
Una seconda soluzione, sempre prevista dalla medesima legge prima indicata, è quella di presentare il cosiddetto piano del consumatore, non dissimile – come procedura – rispetto all’accordo ai creditori (ossia: richiesta al giudice, nomina di un organismo di composizione della lite e liquidazione del patrimonio), solo che, in questo caso, non c’è neanche bisogno del consenso del 60% dei creditori (o, se uno solo, dell’unico creditore): basta il “nulla osta” del giudice (cosiddetta omologazione del piano). Il magistrato, dopo aver valutato la meritevolezza del piano (il debito, cioè, non deve essere stato determinato da comportamento colpevole o volontario del soggetto) e la fattibilità dello stesso, lo autorizza direttamente.
Proprio di recente il Tribunale di Busto Arsizio ha consentito la esdebitazione di un contribuente che aveva accumulato un forte debito con Equitalia e che, tuttavia, anche lavorando un’intera vita, non avrebbe mai potuto pagarlo. Stesso discorso è avvenuto a Varese, dove il giudice ha defalcato l’importo complessivo dell’87%.
Per accedere al piano del consumatore è però necessario non essere una società (la proposta è infatti riservata alle sole persone fisiche) e il debito non deve essere legato all’attività professionale o imprenditoriale (per le quali ipotesi resta sempre la possibilità dell’accordo ai creditori).
E se il debitore ha beni immobili che non riesce a vendere e con il cui ricavato potrebbe pagare il debito? In questi casi è sempre consentita un’ultima possibilità: la cosiddetta liquidazione del patrimonio, che – su richiesta del debitore – fa sì che il tribunale nomini un liquidatore dei beni e, con il ricavato dalla vendita all’asta, si paghino in percentuale i creditori. Anche in questo caso, si presenta un’istanza al giudice che la autorizza.
In tutti e tre i casi appena evidenziati è sempre necessaria la presenza di un avvocato o di un commercialista che formuli l’istanza – tenendo conto di una ragionevole possibilità di soddisfazione del creditore – per conto del contribuente. La procedura è piuttosto complessa e l’onorario del professionista potrebbe essere non proprio economico. Bisognerà quindi valutare la convenienza di tale possibilità alla luce dell’ammontare del debito complessivo maturato con Equitalia.
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